scarpetterosse.org

 

22 agosto 2009

A Ciutad Juárez, cittadina messicana  teatro

di innumerevoli e impuniti atti di violenza, stupri e omicidi di donne,

l’artista Elina Chauvet espone,

con una donazione iniziale di 33 paia di scarpe rosse femminili,

“Zapatos Rojos”

 

allestimento che, con l’immediatezza e la potenza di ogni opera d’arte, racconta

la marcia silenziosa delle donne uccise che in vita le avevano indossate.

La parola femminicidio (1), coniata da tempo ma confinata in ambienti ristretti,

entra nel vocabolario quotidiano 

a indicare l’assassinio di una donna in quanto donna

e gli allestimenti di scarpe rosse (macchiate di sangue) fanno il giro del mondo.

Da allora,

le scarpe rosse femminili “vuote”, abbandonate da chi le indossava, sono diventate il simbolo

della lotta alla violenza sulle donne.

 

Per favorire l’esposizione  delle scarpe rosse nelle vetrine dei negozi il 25 novembre,

Giornata internazionale contro la violenza sulle donne,

scarpetterosse.org, iniziativa di volontariato, confeziona delle scarpe rosse di cartoncino,

 ispirate all’opera di Elina Chauvet, per replicarne simbolicamente l’allestimento.

 

L’ainstallazione “Zapatos Rojos”

 contraddistinta in ognuna delle sue innumerevoli declinazioni

da una potenza evocativa che solo l’arte sembra possedere,

viene replicata in tutto il mondo

ed è capace di toccare l’emotività delle persone,

sintonizzandole sulla tragedia del genere umano femminile prevaricato,

simbolicamente e nei fatti,

dal genere umano maschile.

Chi volesse aiutare economicamente scarpetterosse.org

può versare un contributo e, se volesse essere elencato fra i sostenitori, può inviare una mail a

evapagliero@scarpetterosse.org comunicando il proprio nome.

È possibile versare su

Satispay al numero 347 9089046

oppure sull’iban  IT 90Y 325 320 320 000 657 155 2948

Grazie!

 

Note

(1) L’espressione femminicide, coniata negli anni precedenti dalla scrittrice Carol Orlock, viene proposta a Bruxelles nel 1976 da Diana Russel, attivista, sociologa e criminologa, di fronte al Tribunale Internazionale sui crimini contro le donne (appena istituito in quell’anno); l’espressione viene usata, quindi, per la prima volta in un contesto istituzionale, per indicare l’omicidio di una donna in quanto donna.

FINE